“Lucrezia. Omaggio per un’anti-eroina” non è una mostra su Lucrezia Borgia. Attraverso la sua memoria culturale, biologica e visiva non si vuole rappresentare Lucrezia a partire dai recenti studi sul suo conto, ma si vogliono mostrare e approfondire alcuni aspetti, che da allora continuano a perdurare nel nostro presente. A uno storytelling rivisitato si preferisce analizzare gli aspetti percettivi delle immagini e le conseguenti ricadute sociali, politiche, economiche e culturali. L’intero apporto culturale e scientifico attorno a Lucrezia Borgia non può che trovare terreno fertile nelle odierne arti visive e nei recenti studi di cultura visuale, i quali spostano l’attenzione non più su quanto le immagini mostrano quanto su quello che occultano, non più sul visibile ma sull’invisibile. Non è un caso che gli artisti partecipanti a questa mostra non abbiano deciso di ricostruire una nuova iconografia della controversa figura Rinascimentale, in sintonia con la recente rivalutazione storica da parte degli studiosi. Il rapporto fra parola e immagine si scalfisce, non è più mimetico, ma vuole condurre a un autonomo straniamento. Oltre il visibile gli artisti si sono interessati a perorare le cause dell’invisibile di Lucrezia, i meandri più silenti e latenti della sua vita, dagli attimi di intimità alle sofferenze più atroci, dall’apparente immagine di potere alle fragilità più celate. Parafrasando Didi-Huberman gli artisti sono intervenuti nel progetto perorando le cause del “non-tutto” dell’immagine, facendo così vedere che siamo in grado di percepire la realtà non nella sua interezza ma in porzioni discrete e precarie, incapaci di poter definire tutto. Le immagini non possono dirci la verità. Non ci svelano quella che potrebbe essere “la vera natura” di Lucrezia. Le immagini non rappresentano nulla, semmai trasformano il nostro modo di percepire la realtà, non possono che limitarsi a farci sentire di Lucrezia una flebile eco. La mostra non vuole quindi riversare alcuna lettura morale, etica ed estetica su Lucrezia Borgia ma trova stimolante provare a sfondare i consueti collegamenti che si riversano in un’unica interpretazione, un solo messaggio e senso delle immagini. In altre parole, “Lucrezia. Omaggio per un’anti-eroina” vuole allontanarsi dalla relazione diretta fra immagine e testo per addentrarsi nelle relazioni non testuali e non linguistiche del visivo.
Non c’è narrazione.
Non c’è un racconto di una nuova Lucrezia Borgia.
Ci sono attimi, sensazioni, percezioni sfuggevoli e sbiadite; ma anche relazioni, contatti, corpi, traumi e sofferenze.
Un omaggio per un antieroina ancora in cerca di riscatto, un omaggio perché in ogni epoca esisterà una Lucrezia Borgia.
Lucrezia che, durante i suoi soggiorni a Reggio Emilia avvenuti fra il 1504 e 1511 alloggiò in diverse occasioni proprio a Palazzo Fontanelli Sacrati, è recentemente divenuta oggetto i dibattito e di rivalutazione storica da parte degli studiosi. Approfondendo documenti e materiali d’archivio emerge di quanto il luogo comune che aleggia sul suo conto sia un falso storico e il risultato di una calunnia verso la sua famiglia e di una mentalità patriarcale e ottusa. Da modello di bellezza morale (Kàlos kài agathòs) nel Rinascimento (vd. Pietro Bembo) a icona sanguinaria di femme fatale durante il Romanticismo (vd. Lucrèce Borgia di Victor Hugo e di Felice Romani/Gaetano Donizetti), i recenti studi dei suoi documenti ritraggono una Lucrezia madre apprensiva dei suoi numerosi figli, imprenditrice intraprendente, donna con una spiccata spiritualità e duchessa colta e mecenate delle arti. Proprio nel luogo (Palazzo Fontanelli Sacrati) in cui l’aneddoto e l’immagine Ottocentesca vogliono che lei si incontrasse clandestinamente con il marchese di Mantova Francesco Gonzaga (vedi il romanzo di Maria Bellonci), si vuole mettere in evidenza le diverse immagini che ogni epoca ha creato di Lucrezia, ampliando la portata del suo caso a questioni socioculturali tuttora attualissime, quali la condizione femminile e la percezione delle immagini nel tempo. Parafrasando Henri Focillon si potrebbe affermare a tal proposito che ogni epoca e quasi ogni generazione si è creata di Lucrezia l’immagine che più le conveniva. Il caso particolare Lucrezia Borgia vuole essere estratto e condotto nell’universale del nostro presente. Le opere d’arte esposte non vogliono essere la traduzione visiva di una figura storica, e nemmeno un restyling di episodi accaduti 500 anni fa, bensì vogliono gettare nelle problematiche visive, sociali e culturali insite nel nostro presente primariamente a partire dai sensi, dal vissuto di Lucrezia, dal suo sentire biologico.
Nicola Bigliardi
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